Non sono Gilgamesh, e nemmeno Ulisse,
      non dall'Oriente dove il tempo è la miniera di polvere,       

      ne dall'Occidente dove il tempo è ferro arrugginito,
      ma dove vado e cosa farò se dicessi:
      la poesia è il mio paese e l'amore è il mio cammino;
      così risiedo viaggiando, scolpendo la mia geografia    

      con lo scalpello dello smarrimento;

      Radiodervish – 2012

    

 

      L'Italia senza la Sicilia,
      non lascia nello spirito immagine alcuna.
      È in Sicilia che si trova la chiave di tutto

      J.W.Goethe - Viaggio in Italia - 1817

 

 

SICILIA
Viaggio nel Mito e nella Madre del Mediterraneo.
Dove tutti sono stati: Fenici, Greci, Cartaginesi, Galli, Romani, Vandali, Goti, Arabi, Normanni, Svevi, Lombardi,  Francesi, Spagnoli, Piemontesi, Tedeschi, Americani...

 

Traccia del percorso:
http://www.bikeroutetoaster.com/Course.aspx?course=536333

Foto:
http://www.flickr.com/photos/84442834@N03/sets/72157633541488381/

 

 

Antefatto

19 aprile 2013. Ho venduto la plebea ma comoda Cube. Solo da qualche giorno ho in casa la nobilissima nuova bici. Ma ancora con la Salsa non ci diamo nemmeno del Lei (come dice Pedalando). La mia nemmeno mi parla. Non ci posso partire per il viaggio. Sono costretto ad utilizzare la vecchia Olympia degli anni ottanta. Vado in bici fino a Chiaravalle, poi in treno a Roma e a Civitavecchia, quindi in nave fino a Palermo.


1  Da Palermo  a Calatafimi-Segesta (TP)
Km 77 – dislivello 850 metri

Appena sceso dalla nave, sto ancora spingendo la bici a mano che un grosso cagnone scuro mi viene addosso ringhiando. Mi faccio scudo con la bici e lui sferra un gran morso alla borsa posteriore destra e poi se ne va. Cominciamo bene!
A Palermo non è il traffico il problema ma la sosta. Tutti si fermano come, dove e quando gli pare producendo inghippi insormontabili con la bici e a volta anche a piedi. Il ciclista è più nessuno che nessuno, invisibile e inerme. Ma se ne esce sano è veloce quanto il traffico ordinario. Io e l'autobus dei tedeschi siamo partiti insieme dal porto e arrivati quasi insieme a Monreale. Mi ha superato solo  sull'ultima salita prima del paese.
Sono da decenni viziato dai chiostri romanici iberici ma questo va oltre le mie aspettative: tutte le bestie e le storie della bibbia sui capitelli, l'azzurro dei lapislazzuli afgani e tutti colori dell'oriente persiano e arabo, la metrica normanna e l'oro di Bisanzio affascinano come secoli di storia. L'interno rifulge e rispecchia oro nella piatta luce del mezzogiorno. Non immagino cosa possa essere al tramonto.
La strada sale bene per Pioppo e fino alla portella a 700 metri di altezza, poi grande discesa fino a lambire a sud Borghetto e Partinico. Da qui, la SS 113 è in piano fino ad Alcamo, poi diventa più mossa e interessante su per una valle verdissima fino alla salita della zona archeologica di Segesta.
Il mio programma è ancora quello di arrivare sù, ad Erice. Chiedo al Guardiano del Tempio se sia praticabile la strada verso nord.
“ Si puoi scendere verso l'autostrada, ci passi sotto... Poi c'é una strada privata...”
Mi guarda meglio e poi aggiunge:
“Con la bicicletta? Nooo!!! Per le montagne ti perdi. Non c'é niente. É tardi, si fa notte e non prende nemmeno il telefonino. Ti conviene andare a Calatafimi”
Obbedisco. Sulla salita prima del paese mi affiancano due MT bikers. Mi accompagnano fino all'albergo, proprio sotto il cocuzzolo a ovest dell'abitato.


2 Da Calatafimi-Segesta (TP) a Mazara del Vallo (TP)
Km  110 – dislivello 450 metri


Oggi pioverà fino a poco prima di Marsala. La statale 113  è solitaria e tranquilla, decido di non salire a Erice e di saltare Trapani. Dopo Fulgatore abbandono la statale per una secondaria. Attraverso il borgo di Dattilo e dopo aver superato dei dossi collinosi, la strada si immette in un altra con una larga intersezione ad Y. Una banda di cagnacci mi sta aspettando sul ramo di destra. Io li spiazzo e vado veloce su quella di sinistra, loro mi vedono e iniziano l'inseguimento abbaiando, ma sono lontani. Sul ramo di sinistra hanno lasciato uno sgherro lì piazzato in mezzo alla strada. É grosso, non il solito maremmano-abruzzese degli anni scorsi, questo è marrone scuro con il muso nero, è peggio degli altri, mi aspetta e abbaia furioso. Io arrivo veloce e gli lancio un ferocissimo urlo da guerra. Lui rimane interdetto per pochi attimi, si zittisce e si ferma... Poi continua ma io l'ho superato. Mi segue abbaiando, ma l'ho superato, gli altri abbaiano ma sono lontani. Sono fuori. Rimarrò senza voce per due giorni. Poco più in là, in un centro abitato, raccolgo un bastone vicino a dei cassonetti dei rifiuti e lo fisso con due elastici al manubrio.
Decido però che la prevenzione è meglio del combattimento col bastone: percorrerò solo le strade rosse e la gialle grandi della mia carta del Touring al 200.000. La decisione si è rivelata poi saggia e mi ha permesso di elaborare la mia personalissima statistica canica della Sicilia nei riguardi delle categorie stradali: strade rosse e gialle grandi, 0 punto cani; gialle piccole, 1 punto cani ogni 30 km; strade bianche - non testate. Giro alla larga dall'aeroporto di Birgi e quindi guadagno il lungomare davanti all'isola Grande e arrivo a Marsala.
In un vicoletto del centro mi fermo per un panino ma la signora mi fa:
“E che ci fai con un panino?”
E vai allora vai con un marsala secco, antipasto con pomodorini sott'olio, olive... Vai con la pasta con le sarde e con due bei bicchieroni di vino bianco freddo, dolcetti di ricotta e caffè.
Marito e moglie sono stati tanti anni in Svizzera  e ora hanno messo su questa cosa. Si chiacchiera mentre la figlia adolescente continua a smacchinare con il suo iPhone. Sono stanchi, preoccupati come tutti, di questo andazzo della Cosa Pubblica. Sono loro che mi informano della fantasiosa tragedia comica della rielezione del vecchio presidente della repubblica. Loro sono anche più tristi:
“A noi in Sicilia ci sono rimaste solo tre cose: il buon clima, il buon mangiare e la nostra ospitalità. Tutto il resto è nulla”.
Il percorso verso Mazara, forse anche per il buon mangiare e la buona ospitalità, è un tantino sconclusionato. Non riesco a percorrere una via costiera che non esiste, mi impiccio continuamente in viottoli sabbiosi che finiscono nel privato, torno indietro continuamente per stradine che attraversano  vigne basse fino ai grandi impianti SNAM del punto di arrivo del Transmed il gasdotto che viene da Algeria e Tunisia. Proprio sopra il fiume Mazzaro l'eccezionale chiesa di San Nicolò Regale: un gentilissimo piccolo cubo di calde pietre bizantine, arabe e normanne. Il centro di Mazara è poi bellissimo: si chiama ancora casba, ed è illuminato con stile, decorato da azulejos colorati. Si ha l'impressione che il periodo islamico sia parte integrante della sua storia, non un accidente da rifiutare. La piazza della Repubblica è un idillio di portici, palme, muri e di eleganza formale dei babbi, e di quella debordante delle mamme che escono dalla cattedrale dalla cerimonia della prima comunione. Di notte si popola dell'eleganza laica dei giovani che riempiono le vie pedonali e i locali alla moda con una brezza sensibile di tutte le essenze: da Dior a Bulgari a …..

 

3 Da Mazara del Vallo (TP) a Porto Empedocle (AG)
Km 140 – dislivello 897 metri

Passo per Campolieto e quindi giù a Selinunte che è un sito di interesse assoluto solo perché le truppe alleate da Siracusa e da Agrigento non arrivarono in tempo. La città fu distrutta dai Cartaginesi nel 409 A.C. La popolazione, forse di 100.000 abitanti, venne massacrata, deportata. Solo pochi riuscirono a fuggire. Non si riprese più dalla catastrofe. Ora il sito archeologico è molto grande e ben tenuto. Dai templi orientali fino all'acropoli mi fanno andare in bicicletta.
Marinella, addossato ai templi e alla ripa mediterranea, invece è venuto su a pezzi e bocconi con un'anarchia e una moderna velocità da condono edilizio. 
Dalla salita per Menfi, verso ovest vedo una pista ciclabile esageratamente bella, costruita sulla vecchia linea ferroviaria, ma non un cartello me l'ha annunciata, oppure diciamo che non l'ho visto. La pista è imprendibile e poi magari ci metto un mare di tempo a trovarla e finisce dopo 300 metri. Meglio la strada ordinaria. Dopo Menfi belle colline salgono e scendono fino a Sciacca. Arrivo al porto poi salgo sù in città per ripe impensate. Riparto verso oriente, si alza un poco di vento contro, la strada è ancora lunga, penso di arrivare a Porto Empedocle. La strada si allontana dal mare, la conca di Ribera è colma di aranci in fiore con un odore che permea anche i vestiti e l'acciaio della bici. Mi avvicino ancora al mare ma senza arrivarci, vado avanti, mi tocca anche una galleria, incomincia a farsi scuro, armo tutte le lucine e la giacca. Siculiana è lì, fuori della strada,  non mi fermo, una lunga discesa mi porta a Porto Empedocle che è già notte da un bel pezzo. Chiedo indicazioni per la sosta a tre ragazzi. Si fanno carico di tutto. Mi accompagnano al B&B, telefonano al gestore, aspettano che arrivi e che mi accordi con lui. Poi se ne vanno semplicemente con una stretta di mano e un ciao. Che dire della loro ospitalità!!!

4 Da Porto Empedocle (AG) a Gela (CL)
Km 88 – dislivello 465 metri


Parto verso oriente che piove. Piove ancora sulla valle dei tempi di Agrigento e a Borgo Mosè. Più avanti, un colpo alla ruota posteriore mi fa fermare. Non è sgonfia, penso ad un raggio rotto, ma è tutto regolare. Vado avanti. La ruota non va bene, fa rumore, vado avanti per quindici chilometri, percorro anche due gallerie, poi alla fine, sotto Palma di Montechiaro, cede, si sgonfia completamente. C'é dentro un rivetto d'alluminio ancora ben conficcato. Ci metto un tempo infinito a riparare il buco. Quando riparto si alza il vento, contro, il mare è sempre lontano, non è un bellissimo andare. Arrivo a Gela e su per la salita per il centro mi ferma un mountain biker. Si interessa molto al mio viaggio. É attratto dal  cicloviaggiare e mi fa:
“Ti trovo su Facebook?”
“ No. Ma puoi andare sul nostro sito: ilcicloviaggiatore.it”.
Gela non è una città facile. Non è decifrabile la sua urbanistica e, per quello che ho visto, la sua storia.  Gela non è bella, sembra segnata esclusivamente dalla seconda metà del '900. Il centro è pieno di farmacie e agenzie di viaggio, non ristoranti ne alloggi. Come se fosse più plausibile andare che arrivare, andare che stare.  Anche l'albergo è stato il peggiore di questo viaggio e per contrappasso il più costoso.


5 Da  Gela (CL) a Piazza Armerina (EN)
Km 63 – dislivello 816 metri

Esco da Gela di gran carriera verso nord. C'é ancora vento forte. Un castelletto distrutto in cima alla collina e poi oleodotti che guizzano grigi nella campagna verde e pozzi petroliferi con le pompe a bilanciere in funzione. I campi e le attrezzature, sono illuminate anche di giorno. Ci sarà un motivo o sono solo arroganti? Inizia la salita e aumenta il vento. Mi viene incontro di tutto: aghi di pino, pigne, rametti, lattine di birra, sacchi di cemento vuoti, scatole di cartone. Al bivio per Piazza Armerina o Caltagiorone scelgo la prima meta perché di là il vento dovrebbe essere meno cattivo. Vado su, è dura! Autobus e autobus di turisti mi sorpassano, scoprirò poi che c'era anche il mio commercialista, che provava pietà per “quel poretto con la bicicletta”. Nessuno che si sogna di fermarsi e chiedermi se voglio andare con loro. Lo penso davvero. Ciò prova che sono un tantino fuori. Arrivo a Piazza Armerina. Vado direttamente alla villa romana di Casale che è in fondo ad una bella discesa che dovrò poi fare all'inverso.
Il parcheggio è immenso e pieno di decine e decine di autobus di ogni dove con sopra gente di ogni faccia. La stradina per l'entrata è uno stretto via obbligata tra bancarelle di ogni ciarpame come quelle di Venezia o di Piazza dei Miracoli a Pisa.
Il sito archeologico è esaltante, le strutture di protezione e di accesso sono ottimamente progettate e tenute. Lo sfarzo, l'arte, le comodità la grandiosità della costruzione fanno sembrare i grandi ricchi di ora, dal Silvio nazionale ai petrolieri russi ai commercianti colombiani, dei piccoli esibizionisti senza sostanza ma solo con il loro nulla.
Il sito è organizzatissimo e moderno con ristorante e self service, non manca nemmeno la patetica italianità del suonatore di fisarmonica con le basi che irradia sopra i tavoli vuoti e le sedie di plastica O sole mio e Azzurro.
Ritorno in centro, su in alto.  Trovo una città bellissima, linda e pinta con cartelli di alloggi e ristoranti precisi ed eleganti e con una rete museale da fare invidia a svizzeri e tedeschi.


6 Da  Piazza Armerina (EN) a Paternò (CT)
Km 97 – dislivello 574 metri


Le mie più vecchie compagne di colazione oggi vanno ad Aidone, ma non sanno nemmeno cosa c'é. Io avrei voluto andarci. Mi aspettava la Venere di Morgantina ma la strada sulla carta è piccola e bianca e quindi troppo canica. Vado dunque verso nord per la statale, dopo una debole salita sarà tutta discesa fino alla valle del fiume Dittaino.
Ho appena iniziato la discesa che alcuni mountain bikers si sbracciano e mi urlano qualcosa. Li saluto e continuo di gran carriera ma più in basso la strada è sbarrata e per andare oltre è indicato un percorso alternativo lungo come la fame e il freddo per Pergusa, Enna e chissà dove. Di solito con la bici si passa comunque ma se poi non è vero sarebbe una tragedia.
Fermo alcuni automobilisti ma loro non sanno nulla, non c'è nessuno a piedi, in bici, con il trattore, solo automobili e autobus che vanno su alla villa romana di Casale.  Miro e rimiro la carta geografica, cambio gli occhiali per fare un lavoro di fino, c' è anche una stradina che aggira il collinone e la galleria che ci passa sotto, sarà lì il guaio?  Vado per la stradina in ripida discesa e poi per una salita corta e cattiva che mi fa ritornare alla strada principale proprio sulla bocca di valle del tunnel che era perfettamente percorribile. Ecco cosa mi urlavamo i mountain bikers!
Continuo a scendere veloce, non mi fermo a Valguarnera. Arrivato alla valle del Fiume Dittaino, il percorso si fa scialbo e monotono, incontra pochi centri abitati, costeggia l'autostrada e la ferrovia Palermo Catania e tocca delle zone industriali polverose. Verso est, in fondo in fondo, si incomincia a vedere il cono nevoso del Mongibello. Nome doppio e contaminato: monte in latino e jebel in arabo. Altre distrazioni mi vengono dall'incontro di altri viaggiatori. Prima una sportivissima e costosissima auto di un colore giallo abbacinante (Ferrari o giù di lì), senza tetto, targa svedese e sopra una coppia con tanto di casco di pelle. Poi mi supera una Fiat Stilo scura che si arresta più avanti. L'uomo scende e mi ferma. Si informa velocemente sulla mia provenienza e mi chiede subito se ho da dare lavoro a dei bravi amici suoi che sanno fare ogni lavoro e poi insistentemente mi propone di acquistare arance, pistacchi e arachidi con tanto di listino in dollari e in euro.  Lascio la valle senza rammarico, prendo la provinciale per Paternò in mezzo ad aranceti  con il vulcanone che si fa sempre più presente e fumante. Dopo una diga con il suo laghetto artificiale arrivo in città. Mi dicono:
“Vai all'albergo Sicilia. É proprio vicino alla Villa Comunale”
L'albergo Sicilia è chiuso e abbandonato. Vado in giro, di solito i cartelli dei B&B spuntano come funghi ma qui lungo le vie che sembrano profondi canyon tra alti condomini anni 70 nulla. Passa il tempo. Continuo a girare per il paesone tutto uguale. Chiedo a a due ragazzi che stanno uscendo da casa per salire in auto.
“Dove posso trovare da dormire?”
“Qui in città non trovi nulla.”
Poi citofona in casa.
“Mamma mi passi papà... L'albergo Sicilia è ancora chiuso?”
E dall'altra parte:
“Si è ancora chiuso.”
E ancora:
“E il Conte dell'Etna?”
E dall'altra parte:
“Si... Mi pare che è aperto.”
Col suo iPhone lo cerca in internet, lo trova, gli telefona è aperto e hanno posto, poi mi fa vedere la foto  e il luogo dove si trova sulla carta geografica:
“È sulla strada per Belpasso ma vicinissimo a Paternò, poco oltre la stazione. passi sotto alla strada veloce. Sarà un chilometro e mezzo.”
Ha perso venti minuti del suo tempo con la sua ragazza che l'aspettava in auto e la mamma e il babbo. Alla fine sbaglio provinciale per Belpasso, ce ne sono a centinaia di provinciali per Belpasso, e arrivo all'agriturismo Il  Casale dell'Etna e non all'Hotel Conte dell'Etna. Ma per colpa mia e non della loro  splendida ospitalità. Grazie a tutti.

7 Da  Paternò (CT) a Troìna (EN)
Km 68 – dislivello 1351 metri

Fino ad Adrano la strada è anonima e in debole costante salita, poi per  Bronte si fa più articolata e interessante con il cono bianco di neve dell'Etna e il suo pennacchio di fumo ad est. Scendo un poco fino ad una larga valle fluviale dentro un violento temporale. Uscito dalla pioggia il mondo cambia: non più il traffico e la mondanità della east coast fittamente antropizzata e ciarliera, ma un deserto di prati verdissimi e di placide mucche al pascolo con tanto di campanone al collo e cavalli che allungano il muso verso la strada. Dal bivio sotto Cesarò, appiccata attorno alle rocce, la salita finisce e inizia una fantastica cavalcata verso ovest più o meno intorno a quota 1000 metri: tutt'intorno quinte di colline e colline glabre e smeraldine fino alla fine del mondo.
Troìna è comunque lassù, in cima ad una salita. Da lontano, tra le case, risalta una massa scura, forse un roccione ma da vicino diventa l'abside della chiesa madre. Arrivo in paese nel mezzo di un funerale che blocca la statale 120. Mi fermo, aspetto, mi accorgo che il paese vero, il Centro Storico è ancora più su, costruito sopra una esile lama di calcare ad almeno 100 metri più in alto. É una strada che serpeggia sul filo della roccia: la via Conte Ruggero finisce nella piazza Conte Ruggero dove ci sono il municipio, la chiesa madre e il belvedere. Oltre la strada e la piazza sbadiglia ovunque il precipizio verso il Borgo.
Sto salendo un ripido acciottolato del Borgo, cambio rapporto ma mi impiccio con l'antichissima leva del cambio dell'antichissima Olympia di acciaio ed esce la catena. Per rimetterla tolgo le borse e faccio un poco di cinema tanto da attirare l'attenzione degli uomini che stanno al circolo che escono e mi aiutano almeno a chiacchiere  nella faccenda. So che ho due possibilità di alloggio: una al Borgo, qui in basso, e una al Centro Storico lassù in alto proprio dietro la chiesa madre. Scelgo quello più facile e vicino. Suono al campanello: nessuno. Telefono e la signora risponde
“Pronto. Chi è?”
“Buona sera signora. Avrei bisogno di un stanza per la notte.”
Lei non si espone e in maniera un tantino sopra di me:
“Si. Ma chi siete?”
“Come vi chiamate?”
Sull'attenti...Scandisco  cognome, nome, grado e matricola come ai tempi della marina militare.
“SERGENTE FURIERE “L” AGOSTINI ANDREA MATRICOLA 57AN0010!”
Lei attende qualche attimo e poi mi fa, seccamente e recisamente:
“Apriamo domenica 28 aprile, oggi è chiuso!”
Ritorno sulla salita acciottolata, ho le mani sporche di catena di bicicletta, telefono al B&B del Centro Storico.
La signora mi risponde con voce squillante. Mi aspetta su in piazza per accompagnarmi, io da appena arrivato le domando il nome della piazza. Conte Ruggero come tutto lassù. Le dico che è facile riconoscermi ho la bicicletta .
Arrivo prima io e mi sa che non sono una figura nè logica nè plausibile, lì, in mezzo alla piazza con i calzoni corti, alla pioggia, al freddo e al vento di quei 1121 metri e in un fine aprile così poco siculi.
Fanno a gara per chiamarmi all'asciutto e al caldo, prima dei ragazzi da un circolo e poi due signore  dall'androne di un palazzo. Ma io faccio il mio lavoro, aspetto Beatrice. Lei arriva con una FIAT Punto rossa, mi stringe calorosamente la mano incurante del grasso della catena. Mi accompagna a piedi per un vicoletto imboscato tra case addossate le une alle altre a cascata e pertugi, portici e profferli. La sistemazione è elegante e regale su due piani con vista variabile sul vicolo e sui tetti digradanti verso sud.


8 Da  Troìna (EN) a Petralìa Sottana (PA)
Km 81 – dislivello 1007 metri


Al mattino una fitta nebbia avvolge tutta Troìna. Scendo in un'atmosfera ovattata e liquida non senza problemi di scale. Fuori paese la discesa mi fa uscire dalla nebbia. Torna il paesaggio di ieri, anzi no, a non pensarci tanto potrei essere nelle Crete Senesi, tra Asciano e San Giovanni D'Asso.  L'arrivo al borgo medievale di Cerami, allineato sulla alta e sottile lama di roccia, mi riporta in Sicilia. Prima di Nicosia ricomincia di nuovo a piovere, a tratti anche forte, mi riparo addossato al muro dell'edificio della Polizia Stradale. Un agente mi invita ad entrare. Arrivo in piazza che si apre tra il municipio e la cattedrale di San Nicolò (chiusa) con un bel sole. Mi siedo al sole e sgranocchio  gli ultimi pistacchi del “matto” dell'altro ieri. Nicosia è variamente incastonata sotto alcuni appicchi rocciosi con numerose chiese e bei palazzi. Per uscire abbandono la statale 120 per una provinciale in rapida discesa e altrettanta rapida salita dove incontro una lunga carovana di camper tutti uguali, di quelli che alla sera si riuniscono in cerchio per tenere lontani gli indigeni e le fiere come se fosse “Die Groot Trek” dei Boeri. Ottengo comunque grandi apprezzamenti dai “Voortrekker” come se fossi un grande esploratore dell'estrema Africa australe. A Sperlinga ritorno nella materna statale 120 che mi conduce tranquilla e assolata fino a Gangi. Anche lei costruita a partire dalla lama di roccia ma questa volta solo verso il lato ovest.  Attraversando l'abitato ascolto i commenti ad alta voce, di alcune persone, che credendomi venuto dalla Luna sono sicuri che non capisco l'italiano.
“Ma che minchia viene a fare fino a quaggiù??”
Vado avanti, scendo e risalgo fino al passo poco sotto Petralìa Soprana. Non salgo fino al paese ma scendo a Petralìa Sottana, la perla delle Madonie, costruita cento metri più in basso. Trovo alloggio con qualche problema in centro, sul corso, proprio davanti al municipio tra una moltitudine di fontane di fresca acqua minerale.  
Il ristorante è tranquillo e accogliente, la ragazza è dolce, il gestore gentile e preparato, il cuoco simpatico.... In sottofondo una musica con note sull'oriente mediterraneo e il cantante che si esprime in italiano, arabo e francese. Conosco Nabil Salameh e i Radiodervish. Un altro esempio di contaminazio tra oriente e occidente, nord e sud, noi e loro. Avrà pure un valore che abbia avuto questa opportunità proprio in questa terra geograficamente e storicamente da sempre sede di contaminazio. Come un'altra Longobardia che ho scoperto qui in Sicilia: il dialetto di Sperlinga, Nicosia e Piazza Armerina che conserva tratti di lingua gallo-italica del Piemonte, della Lombardia e dell'Emila, con tanto di cartelli stradali in doppia lingua.

 


9 Da  Petralìa Sottana (PA) a Cefalù (PA)
Km 65 – dislivello 585 metri


L'albergo è carente di manutenzione ma ha un aspetto elegante con la scalinata che sale ai piani e le stanze grandi, alte con il pavimento di belle piastrelle bianche e rosse che si muovono al passaggio. Al mattino mi accorgo che sono l'unico ospite ma anche l'unico abitante dell'albergo. Il ragazzo che mi aveva accolto ieri sera non c'è, non c'è nessuno, sono chiuso dentro. Apro il portone e sulla via principale chiedo ad una signora come si fa a pagare. Lei chiede ad un uomo che domanda:
“Non si è visto Giovanni stamattina”
E lei:
“No. Non si è visto”
Allora lui gli telefona:
“Giovanni sono Alberto qui hanno bisogno di pagare.....”
Giovanni arriva dopo qualche minuto e prima cosa mi domanda:
“Ha fatto colazione?”
“Si in un bar.”
“Ha pagato?”
“Si.”
“Ah doveva dire che era ospite dell'hotel Madonie. La colazione è compresa nel prezzo.”
Alla fine mi dà indietro cinque euro.
Percorro la vecchia strada in salita per il centro verso Petralìa Soprana, la oltrepasso e percorro qualche chilometro a ritroso la strada di ieri fino a raggiungere il bivio verso nord fino allo spartiacque e al passo. Poco sotto, a Geraci Siculo dopo Il Bevaio Saraceno devio per il centro. Giovanni mi ha detto che è molto interessante. Le stradine sono strette e acciottolate, sto spingendo la bici su per una acerrima salita per il castello dei Ventimiglia, quando da una serena e completa famiglia seduta sulla soglia di casa, l'uomo con i baffi mi fa:
“Ma chi te lo fa fare”
“Me l'ha ordinato il dottore... abbassa la pressione e il colesterolo”
“Bruciagli la tessere al tuo dottore che non ci capisce neente. Il mio, che è bravo, mi ha detto che proprio neente devo fare”
Si chiacchiera di Sicilia, di bicicletta, della moglie lontana, di soldi, di crisi, del nord...
Lascio la bici lì e salgo al castello: è un rudere ma da lassù si vedono l'Etna e le Eolie.
Scendendo ancora chiacchiere e l'invito a rimanere fino al 3 maggio, festa del Crocefisso, e a ritornare con la moglie, ma con l'aereo. La moglie a casa gli rimane impressa. In basso nella piazza centrale mi imbatto nella chiesa di Santa Maria Maggiore con una spiazzante facciata che mi colpisce con la successione crepitante dall'alto in basso di: rosone, bifora e portale.
Mi aspettano 800 metri di discesa in un ritrovato ambiente di profumi mediterranei tra pini, lecci e querce da sughero. Castelbuono è un'altra piacevole sorpresa con il suo bel centro storico medievale, le piazzette, i portici e le fontane di buona acqua minerale. Prima di sentire aria di mare devo superare una salita e poi giù a picco fino a sotto i viadotti arditi dell'autostrada Palermo Messina e alla statale costiera. La strada fino a Cefalù è meravigliosa e trionfale con poco traffico, praticamente in piano e con scorci sul Tirreno di acqua color azzurro vetro di Murano. 
Arrivo a Cefalù costeggiando il promontorio a est. Abituato ai Nebrodi e alle Madonie il posto mi sembra troppo cosmopolita e vacanziero con autobus, ressa di persone con iPad sopra la testa,  cafè in piazza con i galoppini che ti chiamano con insistenza, ristoranti, B&B, alberghi, club med... Sono frastornato, c'è troppa offerta di alloggi, non scelgo, percorro tutto il corso e poi chiedo ai soliti vecchi seduti in piazza dove posso trovare da dormire.
“Vai alla locanda di Cangelosi, l'insegna si vede da qui... Va bene per quelli come Tia”
Hanno scelto loro. Cangelosi sembra Camilleri, immerso nella sua nuvola di fumo e nella voce roca e forse burbera. La stanza è molto grande e luminosa, ha il balcone per la bici, il prezzo buono.


10 Da  Cefalù (PA) a Termini Imerese (PA)
Km 60 – dislivello 265 metri


Questa strada verso ovest è noiosa tra il traffico e i lavori in corso della nuova strada e della nuova ferrovia. La zona industriale di Termini Imerese, uno degli ultimi pianti della Italica Industria, è orrenda ma il mare è comunque bluissimo. Arrivo al porto che non sono le 13, la nave è già lì e  partirà alle due di notte, mi faranno salire solo alle 22. Bighellono con la bici per il porto, provo a salire sulla città alta, che la guida rossa del TCI giura essere migliore di quella bassa. Dapprima trovo solo scale, chiedo a lungo e una signora mi indica “la serpentina” per salire al belvedere. Appena arrivo su mi accoglie un ristorante con solo bovini e birra. La Sicilia finisce lì con una gigantesca tagliata di angus argentino. Dapprima  mi godo pigramente il sole e il vento su una panchina del belvedere. Poi, il traffico in città è come quello di Palermo, esco, percorro un tratto di costa verso ovest, bella e articolata di baie e promontori, ma non è più storia, non è più viaggio. Torno indietro ad aspettare che la compagnia Caronte & Tourist (??) mi riporti verso casa.