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Prologo e primo giorno 
Da casa a Innsbruck
In bici km 46

Questa volta avevo pensato di andare a Spalato con il traghetto da Ancona e poi tornare a casa passando per la costa dalmata, Trieste e Venezia. Ma il tempo promette tanta pioggia in Balcania. Sono lì che penso a possibili alternative che la moglie mi fa:
“Daniele avrebbe bisogno della giacca invernale! Ci pensi tu a spedirla?”
Daniele studia matematica a Berlino. In un attimo rispondo:

“La porto su io con la bici!”
Il tempo in quell'Europa è passabile. Il viaggio è ormai partito, non ho nulla di pensato, né itinerari né carte. Scannerizzo i fogli della carta stradale dell’Europa 1: 800.000 del Touring Club Italiano e la metto sul tablet in cui non riuscirò quasi sicuramente a vederla bene. L’idea è arrivare al Brennero in treno e quindi seguire l’Inn fino a Passau, scavalcare il Bayern Wald e arrivare a Praga poi attraverso la Moldava e l’Elba arrivare a Dresda e quindi a Berlino. È quasi tutta discesa.
Ma:
“Povero core de mamma, avrà bisogno anche del cappello, dei guanti, della sciarpa… “
Alla fine la Ortlieb rack-pack non è piena ma fa la sua figura, bella rossa com’è, sopra le altre borse. Il viaggio fino al Brennero è il solito bagno nella cultura ferroviaria nostrana con il grazioso apice a Verona quando il treno non poteva ripartire perché il macchinista si era scordato di venire.  Prima di iniziare la discesa su Innsbruck, ancora in Italia, mi prendo un ricco e caldo panino con wurstl, senape e cipolla. L’uomo del botteghino esclama:
“Brafo che viaggi con le luci accese anche di ciorno.”
Benvenuto nella Mitteleuropa!

2 giorno
da Innsbruck a Rosenheim
Km 120

Innradweg passa a nord del fiume, va avanti in ambiente urbano, scampagna  a tratti, passa Hall in Tirol, Schwatz, Worgl. Scorre senza troppa memoria fino a Kufstein; poi il fiume è il confine tra Austria e Germania, lo attraverso su un ponte di legno e proseguo sull'argine tedesco su una bella pista di breccino bien balizée da grandi cippi bichilometrici che misurano la distanza dalla foce dell'Inn, a Passau. Qui il fiume acquista un interesse maggiore, é vivo di papere, oche e cicogne, si allarga in anse e specchi d'acqua, dietro alberi che giocano alle ombre, ma dopo una grande diga l'idillio finisce, il percorso ciclabile perde estetica, si ingreppa, si inerbisce e finisce. Torno indietro ed esco fuori dall'aura del fiume, poco oltre incrocio la Bundesstraße n 15 che non abbandono più fino a  Rosenheim.

3 giorno
da Rosenheim a Marktl am Inn
km 120

L'argine sinistro dell'Inn stamattina è freddo e nebbioso. Vado avanti per chilometri veloce sopra il crepitio morbido del breccino e delle roche e ovattate paperelle sull'acqua. Sono solo, dentro una bolla bianca e sorda. I numeri sui cippi bichilometrici calano, incontro più avanti grandi specchi d'acqua  che complicano l'andare con deviazioni che superano canali e fossi. Basta un cartello storto e un tratto con i ciottoli più grossi  di quello che ero pronto a sopportare che fuggo  dalla bolla bianca e sorda. Oltre, sulla solita Bundesstraße n 15, c'é addirittura il sole, i paesi con i campanili e i prati verdi. Wasserburg am Inn è finta, racchiusa dentro la stretta e incassata ansa del fiume, costruita tutta con i mattoncini della Lego con le case dai tetti rossi e ripidamente a scalini. Esco dalla porta a sud e attraverso il fiume como gran cavaliero su lo suo palafreno bardato. La ripida salita fa sparire l'incantagione del tempo e mi proietta del cuore della Baviera moderna, che per me da ora  è tra Wasserburg am Inn e Kraiburg. Lontano dal fiume e dalla sua ciclabile la strada si muove sopra le onde lunghe della terra, del mais e dell'erba punteggiati da linde fattorie, lindi villaggi e, quello che più appare, lindissime mucche. A  Kraiburg, gotica e graticciata, una linda piazza ostenta due eiscafè e una sportivissima auto scabriolata. Arrivo a Muldorf am Inn e quindi attraverso Altötting, mi fermo a Neuötting all'Eiscafé Veneto di mio cugino Maurizio. Non mi aspettava e sorpreso mi domanda:
“Cosa fai qui?”
E io:
“Vado a Berlino con la bicicletta.”
E lui:
“Te si mato.”
Proseguo ancora un poco e mi fermo a  Marktl am Inn.

4 giorno
da Marktl am Inn a Röhrnbach
km 120.

Raggiungo Braunau am Inn, poi la ciclabile inizia ad essere monotona, l’argine, il fiume, i cippi bichilometrici sono sempre uguali. L’abbandono e mi perdo, finisco in una strada troppo veloce, ritorno al fiume. Per fortuna prima di Passau la valle dell’Inn si stringe e il tracciato diventa più mosso, entra in un bosco, sale e ridiscende verso l’acqua. La città appare con i colori tenui e felicemente barocca, in superba posizione tra i suoi tre fiumi: la piccola Ils, la Donau e l’Inn si riuniscono proprio qui. Ho un solo problema. Non è l’Inn affluente del Danubio ma il contrario, L’Inn è più largo, più profondo, ha più acqua, ma la storia, la letteratura, e fantomatiche teorie scientifico-geografiche lo hanno messo in seconda posizione. Anche il fidatissimo Claudio Magris lo tradisce per il, forse, più pangermanico Danubio. La Bundesstraße n 12 parte subito in salita e con molto traffico di grandi camion che vanno a Praga. Poi migliora sia con i dislivelli che sono più blandi, sia per il traffico che è meno fastidioso. Röhrnbach é un ben strano posto e forse tutto il Bayer Wald. É pieno di Wellness Hotels e Spa. In centro trovo posto in un minuscolo abbaino su in piccionaia. Le stanze migliori sono tutte occupate da tedesconi che ora stanno beatamente a bagno in piscina o girano con grandi accappatoi bianchi. Li ritrovo tutti a cena, o meglio li ritrovo tutti che, nel lungo dopo cena, centellinano una bevanda purpurea, giocano a dadi e chiacchierano. Io sono li impegnato con il mio conosciuto e rodato Bauernschmau, li guardo e mi accorgo che sono l'unico al di sotto dei settanta anni. Poi a Berlino pagherò cara questa mia mania statistica


5 giorno
da Röhrnbach a Strakonice
km 90

Oggi giornata di salite, ma no cattive solo un poco bagnate. Prima del confine con la Repubblica Ceca, a quota 972, arrivo con sorpresa ad un megalite infilato sul prato che segna lo spartiacque tra il bacino dell’Ils, Dabubio, Mar Nero e quello della Morava, Elba, Mare del Nord. Sono contento. Penso che la salita è finalmente finita. Invece no, dopo il confine di nuovo su a pedalare sotto la pioggia tra bei boschi madidi di acqua. La mia nuova giacca di goretex si comporta egregiamente, almeno quello! Su per la salita grandi parcheggi e impianti di skilift, e intanto  continua a piovere. In cima, oltre i mille metri di altitudine, mi fermo in un pertugio che vende ciaffetti e gelati. Compro un Magnum Algida con una serie di grandi conti per pagarlo in euro e non in corone ceche. La salita sarà finalmente finita? Arrivo a Vimperk, e con la valuta giusta compro il pranzo e il mondo migliora. Piove ancora, ma con la panza piena le case e il paesaggio hanno un interesse maggiore. Mi aspettavo poi un blanda discesa, invece dei velenosissimi saliscendi  mi turbano la mente e il corpo fino a Strakonice. Arrivo in città con la luna storta, mi sembra un posto ancora da socialismo reale e piantato in una qualche steppa orientale con gente dimessa e barbe sdentate  che frequentano un grande luna park in periferia. Ho problemi a trovare una sistemazione per la notte. Mi mandano in un  albergone sovietico chiuso da decenni e poi dai cinesi. Trovo infine una stanza in un vecchio edificio, dai soffitti altissimi, permeato da decenni di fumo di sigarette e dove tutti fumano accanitamente.

6 giorno
da Strakonice a Praga
km 130

Oggi non piove. Un percorso che costeggi la Morava non è fattibile, o cavalco le colline ad est del fiume in strade varie e magari difficili da trovare dopo la città di Pisek o cavalco le colline ad ovest per la più facile strada statale n 4 fino a Pribram e poi fino a Praga. Scelgo la seconda ipotesi. La strada è ben asfaltata, Alcuni chilometri diventano anche autostrada. Non è nemmeno tanto trafficata ma serba i soliti velenosissimi saliscendi. Il paesaggio è interessante con a destra la incerta vallata della Morava boscosa e verde e avanti e a sinistra un mare di belle colline, ma il tragitto  è quasi infinito. Praga è scandalosamente bella ma ormai inerme sotto l’orda vociante e becera di  pessimi turisti. Sommersa da gruppi urlanti più che altro in castigliano e italiano, da cantanti, pittori, mimi, mendicanti professionali. In piazza San Venceslao non ci si riesce a muovere con la bici a spinta. In piazza del comune non ci si riesce a muovere nemmeno a piedi. Si passa a stento tra i tavoli della Locanda Toscana e Hard Rock Cafè arrogantemente riscaldati da decine di fiamme brillanti. Non ci si salva da migliaia di selfie e lampi fotografici, con la idiotissima posa a indicare l’orologio astronomico, dalle bottegucce di ciarpame, dalle vetrine con gente che si fa massaggiare cosparsa di olii lucenti nella notte.  Scappo, dopo aver fatto devoto pellegrinaggio alla cattedrale di Tin assurdamente censurata da case, ora ristoranti per turisti, come fu censurato il riformismo Hussita che vi albergò, dal rogo della mediocrità.  

7 giorno
da Praga a Litomerice
km 120

Aldo è stato molto preciso ed esaustivo:
“Vai al Ponte Carlo, prendi la riva sinistra della Moldava, vai al Museo Tecnico e poi al Planetarium. Lì c'è già la pista che attraversa una specie di parco (o giardino pubblico). Passi sotto la ferrovia ed arrivi di nuovo sulla riva della Moldava in località Troja e prosegui lungo la Moldava”.
Ma il ponte Carlo con la bici proprio non lo reggo, è già un verminaio di gente e selfie. Arrivo al planetario per strade più normali e anonime, entro nel parco pubblico. É domenica mattina e la gente normale che corre e passeggia, le mamme, i bimbi, i babbi  con le bici mi fanno amare ancora Praga. Avevamo fatto pace ieri sera tardi quando mi sono fermato, sul lungo fiume di Staro Mesto a monte proprio del Ponte Carlo, proprio sotto il Mc Donald ad ascoltare il chiacchiericcio di migliaia di gabbiani che colonizzavano una specie di diga.  Il parco è bello e molto grande. Mi accorgo che è troppo grande quando incontro per la seconda volta una mamma con la giacca rossa e suo figlio in bici con il casco giallo e poi ecco di nuovo il planetario. Ricomincio da capo, indovino il percorso. La ciclabile è perfetta e piena di gente anche con pattini, anche con pattini trainati da cani. All'altezza della diga di Klekani la pista ciclabile si interrompe, Salgo sopra il terrazzo fluviale di destra e proseguo per stradine ben segnalate. Non trovo poi il collegamento che ridiscende alla pista ciclabile. I cartelli sono piccoli e di un colore che i miei occhiali rossi relegano nel nulla. Vado avanti per strade anonime e praterie solitarie. Domando: a due tizi che armeggiano con il palo del telefono
“Devo andare a Mělník, va bene questa strada?”
Io parlo in italiano e loro in ceco, non è proprio un gran capirsi ma quella strada per Melnik è un poco elaborata mi dicono:
“Hai una carta? Ti indichiamo il percorso su quella.”
E io:
“Non ho una carta.”
E loro mi fanno capire:
“Ma stai a casa tua figlio mio, 'ndo vai così messo!”
Pensandoci bene viaggio come ai tempi di Marco Polo: seguo fiumi, annuso, sbaglio, chiedo, non capisco cosa mi dicono, torno indietro, riprendo il percorso abbandonato. Mi oriento con il sole. Il mio Garmin 705 è morto, non si ricarica più. Di moderno c’è che alla sera mando una mail ad Aldo:
Dove si prende la ciclabile della Moldava a Praga? 
A Wittemberg dove si piglia la ciclabile per Berlino?
E lui puntualmente e preciso risponde sempre.
“Grazie Aldus Tortaldus Gran Nocchiero de le germaniche terre!”
A Mělník guadagno la ciclabile sulla sinistra dell'Elba non senza problemi. Come si dice pista ciclabile in ceco? Ancora non lo so. Però ho imparato che L'Elba in tedesco suona Elbe e in ceco Labe. Proseguo in gran andare costeggiando il fiume fino a Roudnice nad Labem. Poco dopo lascio la pista ciclabile per andare a Terezin con il suo doppio campo nazista per gli ebrei più o meno vivi e più o meno morti. Oltre il Labe la bella e desertissima cittadina di Litomerice mi aspetta.

8 giorno
da Litomerice a Dresda
km 125

Il percorso è molto bello. Belle montagne, ben verdi, contengono le anse dell'Elba e i paesi e le città costruite alle confluenze con altri corsi d'acqua. Ora questi posti possono essere chiamati tranquillamente  in tre lingue: tedesco, ceco e polacco. Fino a poco tempo fa le lingue cambiavano a forza di fughe, deportazioni, sberle e scannamenti di ogni ordine e grado. Lascio la Repubblica Ceca. È tutto perfettamente uguale di qua e di là dal confine, risalta solo il cartello con l’aquila nera sul fondo giallo con su scritto: Bundesrepublik Deutschland. Arrivo presto a Bad Schandau. Tanta gente mi aveva ammonito:
“I tedeschi si fanno gli affari di loro, guardano avanti e non si curano di te”.
Un sano farsi gli affari propri a me non dà proprio fastidio anzi mi protegge dalle troppe chiacchiere. Ma il fatto non corrisponde al vero, almeno nella Germania del nord. Non fai in tempo  a guardarti un poco in giro, che ti si fermano e ti domandano Dove? Quando? E ti vogliono dire e ti danno indicazioni. Faccio quindi il pieno di preziose informazioni per arrivare decentemente a Dresda. Devo attraversare il ponte e proseguire per un tratto sul lato destro dell’Elba, poi prima che il percorso diventi fangoso e abbastanza difficile, riattraversare di nuovo il fiume con la barca fino a Konigstein e di li proseguo bel bello con liscia pista ciclabile asfaltata.  Faccio tutto diligentemente e vado tanto che il fango mi arriva fin sulle orecchie per almeno tre chilometri. Solo allora mi accorgo che sono oltre il limite invalicabile e torno indietro fino alla barchetta che prima non avevo visto. Prima in quel punto, senza fermarmi mi ero meravigliato:
“Cosa faranno tutti questi ciclisti lì fermi?”
A Dresda, prima grande città tedesca che incontro in bici, mi accorgo di essere diverso da quello che sono sempre stato. Non rischio la morte, posso andare dove voglio, non do fastidio a nessuno, gli altri, tutti gli altri, mi danno la precedenza, addirittura son ben accetto… La signora dell’albergo non fa una piega né una smorfia, non arriccia il naso e con un normale sorriso mi fa :
“La bicicletta, tutta infangata com’è, la puoi mettere li in bella vista nella sala della reception, vicino alla fontana, quasi sopra il tappeto rosso”.


9 giorno
Da Dresda a Herzberg (Elster)
km 110

La ciclabile dell’Elba è liscia e perfetta, ottime indicazioni mi accompagnano fino a Meissen attraverso selve di meli e sopra centinaia di frutti caduti e massacrati dalle ruote che iniziano a fermentare. Poco prima di Riesa il percorso segnato inizia ad annoiarmi, si avviluppa su se stesso, cincischia con tratti acciottolati, che sono fastidiosi ma almeno ti svegliano. Elbaradweg mi sta portando troppo ad ovest. A Riesa lo abbandono per un tracciato verso nord, il più lineare che sono riuscito a pensare e a ricostruire in una  improbabile mappa su due foglietti dell’albergo di Dresda: Mulberg, Kossdorf, Maxdorf, Falkenberg, Herzberg, Juterborg, Lukenwalde e infine Berlin. La mappa è quella che è, io anche e il percorso risulterà estremamente lento e incerto dentro i boschi arcaici del Brandenburgo. Nel tardo pomeriggio la bicicletta mi chiede:
“ Quando dobbiamo andare ancora avanti?”
Noi ci si parla a volte e le rispondo senza troppa sorpresa:
“Non lo so.”
“Dove dobbiamo arrivare?”
“Non lo so.”
“Ma che magò! Non sai niente.”
“Oh! Fattela finita! Sta zitta!
“Oh! Ha parlato il capitano delle paludi! Farai tutto te che non sai manco ndo semo andati a finì.”
“Si. Io pedalo, io guido, io penso.”
“Ma io vado come un orologio svizzero e ti faccio luce anche di giorno”.
Intanto attorno scorre lento il Brandenburgo che mi rimane ancora un tantino orientaleggiante, antico e  rurale con estese piatte piantagioni e vecchi trattori, con i villaggi e le case a mattoncini tutte uguali…Herzberg ha un aspetto dimesso delle città lontane,  squadrata e bassa, con le casette di mattoni. L’unica eccezione: l’alto campanile e il serio chiesone luterano anche loro tutti in mattoni. Gasthaus Wolfsschlucht dovrebbe suonare  più o meno come locanda della forra del lupo. Dentro, alle pareti di legno centinaia di foto, disegni, immagini di lupi e cani mi fanno tornare alle foreste,  in una sala sulla destra, tra altri lupi e cani, grandi uomini fumano e giocano a carte. A cena davanti al menu il copione si ripete. Io so solo l’italiano, lei solo il tedesco. Si va avanti a gesti e a parole universali.
“Questo cos’ è?”
“È un animale con le corna che vive nei boschi.”
“E questo?”
“Il naso del maiale.”

10 giorno
da Herzberg (Elster) a Berlino
Km 117

La Bundesstraße n 101 non è trafficata, passa dentro i boschi pieni di cervi e lupi, ha beati tratti di ciclabile asfaltata, non ci sono salite, solo alcuni alti tralicci con le pale al vento.  Berlino arriva indolore e facile. In città c’è posto per me. Mi sento bene con la mia bicicletta, ci si orienta bene: Kreutzberg, la Sprea, il ponte con le torri,  Friedrichshain. Sono Arrivato.
“Ciao Daniele, ti ho portato la giacca”.
“Ciao. Bravo Babbo”.


Note su Berlino

Berlino non è bella ma ci si vive bene. In bici poi sei il padrone del mondo, ci puoi andare dove vuoi e la puoi caricare dove vuoi, treni, S Bahn, U Bahn, tram, autobus e battelli. Il traffico delle auto quasi non c’è e in giro non puzza di gasolio di scarico. Berlino è piena di grandi parchi, fiumi, laghi. È cosmopolita, dinamica, moderna, tecnologica, di grande cultura, con musei bomba, con i Philharmoniker. Berlino è molto giovane e forse troppo consapevole di questo fatto e della conseguente prevedibile cultura alternativa. È pieno di negozi “falso povero” e di gente troppo autogratificata.  Ecco quindi il necessario contrappasso alle mie statistiche bavaresi. Eravamo sul tram M10 a Prenzlauer Berg, tornavamo a casa dalla cena e Daniele, già tedesco dentro e spocchiosamente inserito in quell’ambiente, mi dice:
“Babbo. Non se ti sei reso conto della cosa, ma sei l’unico sopra i quaranta anni!”
Mi guardo in giro, saremo stati una trentina. Anche l’autista è uno di loro. Ha ragione il figlio. Il giorno seguente capito poi dentro la festa nazionale della riunificazione con la vecchia Unter den Linden che invece dei soldati della Wehrmacht, che  marciano con il passo dell’oca, è piena di bottegucce a birra e salsicce e brezel. L’ultima immagine che ho di Berlino è la Brandenburger Tor piena di palloncini colorati e sopra tutto il cartello con la bicicletta e la scritta frei. 
Alla fine con solo due treni della Deutsche Bahn e cambio a Monaco arrivo fino a Bologna, quasi a casa.